Gli sconfitti – Tre vite

Don Giovanni – Il corpo [1]

«Com’è andata ieri?».
«Come credi che sia andata?».
«Beh, immagino bene».
«Avevi forse qualche dubbio che potesse essere andata diversamente?».
«No, no… Volevo solamente una conferma, tutto qua. Giudizio?».
«Mah, ti dirò… Senza infamia e senza lode. Una prestazione sufficiente, nulla di più».
«Davvero? Eppure lei è impressionante, stratosferica».
«Sì, è vero, ma è anche, e soprattutto, dannatamente insicura, dunque impacciata. In pubblico finge, ostenta una padronanza che in realtà non ha. Per farla breve, recita una parte. Poi, nell’intimità, si palesano tutte le sue debolezze, tutte le sue incertezze».
«Ma almeno ne è valsa la pena?».
«Ne vale sempre la pena, sempre, caro mio. È solo che speravo in qualcosa di meglio».
«Non me la immaginavo affatto così. È davvero incredibile come le cose possano apparire in un modo e in realtà essere esattamente l’opposto».
«Se tu fossi al mio posto, non ti stupiresti più di questo».
«E ora cosa farai? Come ti comporterai?».
«Farò quello che faccio sempre, mi comporterò come al solito. Quest’oggi le ho detto che non potevamo vederci perché ero impegnato, e che l’avrei chiamata domani. Domani fisserò un appuntamento, ci incontreremo e le dirò che lei è splendida, magnifica, praticamente una dea. Che è stato bellissimo, entusiasmante, paradisiaco, ma che io non sono nel momento della mia vita per intraprendere una relazione seria, stabile, duratura. Le dirò che oggi ho pensato a lei tutto il giorno, struggendomi, devastandomi, picchiandomi il petto e strappandomi i capelli, che non ho chiuso occhio neppure per un secondo tanto mi tormentava questo pensiero, ma che è inevitabile che finisca così. Il problema ovviamente è solo ed esclusivamente mio, lei è perfetta, la donna ideale, ma è meglio farla finita subito per non rendere poi tutto più difficile e doloroso, drammatico. Non voglio che soffra per causa mia e poi, proprio alla fine, la fatidica frase a effetto: “Tu meriti di meglio”. Un ultimo, lungo bacio appassionato e poi via, di corsa, a gambe levate, magari voltandomi un’ultima volta mentre sono in cammino, simulando una disperata lacrima. La cosa fondamentale è non lasciarle il tempo di capire, di ragionare, di reagire, di controbattere. Deve rimanere lì, immobile come un ciocco di legno, frastornata, disorientata, incredula. Se c’è una cosa che proprio non sopporto sono le scenate, gli isterismi».
«Eppure non è andata sempre così liscia. Ti sei preso qualche insulto e persino qualche schiaffo. Eh, eh, eh…».
«Se per questo anche qualche sputo, ma così di rado. La stragrande maggioranza delle volte è andato tutto bene, è filato via liscio come l’olio».
«Io proprio non capisco. Mi sforzo con tutto me stesso, ma non capisco, non ci arrivo. Forse sono troppo limitato».
«Non c’è niente da capire».
«E invece secondo me sì, c’è tutto, ma proprio tutto da capire. Come diavolo fai, eh? A sedurle così facilmente e, soprattutto, a non affezionarti a nessuna. A nessuna! Non sembri un uomo tu… Sembri una macchina, un automa. Sembra che tu non abbia sentimenti, e che diamine. E mi dici persino che non c’è niente da capire. Altrochè…».
«Ma quante volte te l’ho detto che non so come faccio? È una predisposizione naturale, e basta. È un’attitudine, e nient’altro. Se fosse una cosa spiegabile, razionale, allora sareste tutti dei don Giovanni e il mondo, fidati, non starebbe più in piedi. Il mondo non si regge su quelli come me, ma su quelli come te, come voi, ed è un bene che sia così, credimi. Dovresti esserne felice».
«E lo sono, lo sono. Ma i sentimenti, l’affetto, l’amore?».
«Eh, i sentimenti… Devo insegnartelo io che i sentimenti scaturiscono dall’impossibilità, dall’assenza?».
«Sarà… Comunque, io, Stefania non la lascerei tanto facilmente. Ripensaci, sei ancora in tempo».
«Ma te l’ho detto, non è niente di che. E poi non è neppure granché intelligente».
«D’accordo, ma è un tale emblema di bellezza! L’estetica prima di tutto, no? Poi al resto ci si adegua».
«Lo sai che non si tratta di estetica…».
«Lo so, lo so, ma in questo caso, se fossi in te, farei un’eccezione. Come può esserti indifferente lo splendore?».
«Dopo quello che è accaduto la scorsa notte, non lo vedrò più il suo splendore. Certo, riconoscerò sempre la sua oggettiva bellezza, non sono mica uno scemo, però…».
«Ho capito, ho capito. Dopo la conquista per te non ha più alcun valore».
«Esattamente. L’ho sedotta, è accaduto quello che entrambi desideravamo accadesse e basta, è finito tutto lì. E quella?».
«Quale?».
«Quella che è appena entrata. Capelli rosso, lunghi e piuttosto mossi. Sì, proprio quella. La conosci?».
«Mai vista prima».
«Non è affatto male…».
«No. Sarà la tua prossima preda?».
«Forse».
«E se volessi sedurla anch’io?».
«Ah, ah, ah! Non farmi ridere… Non ci sarebbe storia. Ricordati che tu non appartieni a quel genere di persone come me. Comunque, sarei curioso di vederti all’opera, sai?».
«Rideresti di me. No grazie, non sarò il tuo saltimbanco, il tuo giullare, il tuo buffone. Ci tengo alla mia dignità. È tutta tua, fanne ciò che vuoi, io mi rifiuto di entrare in competizione con te, spietato e implacabile don Giovanni dal cuore di pietra. Allora, vai oppure no?».
«Stai calmo, ci vuole pazienza, ci vuole metodo. Lascia che la studi per un po’ dalla distanza, poi deciderò cosa fare, come agire. Certo, devo ammettere che ha un gran bel volto. Forse i tratti sono un po’ troppo duri, marcati, direi quasi mascolini, ma forse è proprio questo a renderla tanto affascinanti. Non trovi?».
«Concordo. Mi sembra di aver capito che si chiami Greta. Uno dei suoi amici, se non sbaglio, l’ha chiamata con questo nome».
«Sì, è parso anche a me. Greta… Uhm…».

Il marito – Il cuore

«Tu mi dici tutte queste cose romantiche solo perché ti ho rifiutato, solo perché mi sono negata a te».
«Anch’io credevo che fosse così, ma ti giuro che è diverso, diverso».
«Come posso crederti? Come, eh? Ne ho sentite tante sul tuo conto».
«Ma da quando ti ho vista, dal primo istante ho capito che eri diversa, che non eri come tutte le altre. Ti prego, credimi, non sono mai stato così sincero in vita mia, mai. Io per te… Io per te farei qualunque cosa, qualunque cosa… Affronterei qualunque prova, metterei a rischio la mia stessa vita, pur di dimostrarti e di convincerti che non sto mentendo, che quello che ti dico è tutto vero. E nei tuoi occhi… Dai tuoi occhi capisco che vorresti credermi».
«Sì, è vero, vorrei crederti. Ma come, come posso crederti?».
«Tu devi credermi, devi farlo per te stessa e per me».
«Cosa fai?».
«Mi inginocchio, così, proprio così, come non ho mai fatto prima davanti a una donna».
«Ah! Pazzo!».
«Non sono pazzo, no. Greta, dammi la mano! Dammi almeno la mano! Ecco, così, così… Ascoltami bene, ho intenzione di strapparmi il cuore e di porgertelo in omaggio. E ti prego, ti imploro di credermi!».
«Parla…».
«Io per te provo un sentimento mai, mai provato prima d’ora. Io ti desidero, ti desidero sopra ogni altra cosa. E non desidero solamente il tuo corpo. Io desidero il tuo cuore, io desidero la tua anima. Non ho mai parlato così a una donna, e per di più in ginocchio. Guardami… Mi sto ridicolizzando e denudando davanti a te. Sto consacrando la mia vita alla tua… Grazie a te, grazie a te sola ho finalmente conosciuto l’amore. L’amore vero, immenso».
«Stai dicendo cose troppo grandi, cose enormi… Stai utilizzando parole troppo importanti. Troppo, troppo importanti…».
«È quel che penso, o meglio, è quel che sento e nient’altro. È la verità, la verità e basta. Ma tu… Tu hai gli occhi lucidi. Inizi a credermi!».
«Continua… Dimmi tutto, tutto! E non alzarti, non farlo. Ho la sensazione che se tu ti alzassi ti prenderei subito a schiaffi. Maledetto pazzo!».
«No, no, tranquilla, non mi alzerò. Resterò così, in ginocchio. Io… Io non dormo più. Io… Io non mangio neanche più. Io… Io ho la testa altrove, e non so dove. Mi sembra di essere tornato bambino, tanto il mio sentimento per te è puro, incontaminato. Tu sei la prima e voglio, anzi desidero, desidero che tu sia anche la sola, l’unica. Non chiedo altro che te. Dall’istante in cui ho incontrato il tuo sguardo così luminoso, abbagliante, ho capito che dovevo iniziare una nuova vita, la vera vita, al tuo fianco, con te. Io voglio la pace, la stabilità e sento che il futuro della mia esistenza dipende da te. Dalla tua volontà dipenderà il mio destino. Una tua parola e io precipiterò all’inferno oppure ascenderò al paradiso! Io ti desidero come sposa e come madre… Perché vedendoti ho capito che non esiste altro che questo, che niente è più importante di questo. Ti prego, ti scongiuro, ti imploro di credermi, Greta! Guardami! Non distogliere lo sguardo da me, non voltarti, altrimenti sarò per sempre perduto!».
«Sono una povera sciocca… Sono una stupida. Io… Io voglio… Io voglio crederti…».
«Cosa? Cosa? Cosa hai sussurrato, Greta? Dimmi! Ripeti! Ho forse capito bene? Oppure ho sognato?».
«Ti credo! Ho detto che ti credo! Che voglio crederti!».
«Oddio, Greta! Vieni qui… Abbracciami, baciami, così… Oh, Greta!».

Abramo – L’anima

«Da quanto tempo è finita?».
«Oramai da tre anni».
«Perché? Sembravate una coppia indistruttibile».
«Lei non provava più nulla per me. O meglio, non provava che un affetto quasi materno, e nient’altro. E un matrimonio, secondo Greta, non può basarsi solamente sull’affetto».
«E tu? Tu cosa provi per lei?».
«Io la amo ancora. Io la amerò sempre».
«Perché non ti sei opposto? Perché non hai almeno provato a…».
«Sarebbe stato del tutto inutile, uno sforzo disumano e vano, senza senso. Greta è così determinata. Non è una donna che cambia idea. È ferma sulle proprie decisioni, non si sposta mai neppure di un solo millimetro. Una mia opposizione, per quanto decisa, a ciò che per lei era “inevitabile”, così disse, utilizzò proprio questo termine, non avrebbe fatto altro che deteriorare ulteriormente il rapporto. E forse oggi per me non proverebbe neppure più affetto».
«Ma dopo tutti questi anni di matrimonio, almeno un compromesso…».
«Oh, Greta non odia niente di più dei compromessi».
«E le ragazze?».
«Le ragazze sono grandi. Hanno ventidue e diciotto anni, vivono con la madre. Le vedo una volta alla settimana. Mi vogliono un gran bene, sono sempre così premurose e affettuose con me».
«Ora come vivi? Cosa fai?».
«È iniziata la mia terza vita. C’è chi a stento ne vive una sola e chi, come me, ne vive addirittura tre. La casa l’ho lasciata a loro, ovviamente. Io sono tornato da mia madre. Mi sono licenziato. Ora mi occupo della terra e, soprattutto, ho trovato la fede».
«La fede? Davvero?».
«Sì, la fede, davvero. Ogni mattino mi sveglio alle cinque, prego e mi reco a messa. Poi torno a casa e mi occupo dell’orto e delle bestie. Prego molto».
«Come è successo? Hai avuto forse… Che so… Una rivelazione?».
«Più o meno. Il giorno in cui Greta mi comunicò che tutto era finito, che dovevamo separarci perché stare insieme non aveva più alcun senso, io fui confuso, frastornato, come schiacciato da un gigantesco macigno. Mi sentivo ridotto in frantumi, oltre al cuore anche le ossa rotte in milioni di pezzi. Fu una sensazione terribile, ancor più terribile perché fisica. Comunque, me ne andai immediatamente di casa e iniziai a girovagare senza meta per N. Tutto era così… Come dire… Tutto era così caotico, frenetico, nevrotico, delirante. Il rumore, il chiacchiericcio della città in affanno mi divennero presto insopportabili e allora cercai la pace e il silenzio nella chiesa di San Giovanni. Non c’era nessuno, l’edificio era completamente deserto. Mi abbandonai subito su un banco, di peso, straordinariamente stanco, spossato. Le gambe erano pesanti e mi dolevano come se avessi fatto migliaia di chilometri a piedi, ma non avevo percorso che pochi metri. Feci un profondo respiro e nella quiete della chiesa riuscii finalmente a tranquillizzarmi. Chiusi gli occhi, mi assopii. Forse addirittura mi addormentai, ora non ricordo. Dopo non so quanto tempo riaprii gli occhi e mi guardai attorno. Quando il mio sguardo si posò sulla Vergine, capii all’istante ogni cosa».
«Cosa?».
«Che avrei trovato conforto solamente nella fede e nell’essenziale. Al diavolo la superficialità che ha imprigionato questo mondo così futile e vacuo. In quel momento compresi, e fu come un lampo che mi illuminò, che non abbiamo bisogno di niente di più di quello che ci offre il Signore attraverso la Natura. Non ci serve altro. Tutto il resto è superfluo, è veleno, è corruzione, è indifferenza».
«Non ci serve altro…».
«No, non ci serve altro, e io l’ho capito, sono stato così fortunato da capirlo. Credevo, dopo le amare e dolorose parole di Greta, che tutto per me fosse finito, che nulla avesse più un senso. Mi sbagliavo. Compresi che dopo aver curato il corpo, in giovinezza, e il cuore, nella maturità, era giunto il momento di prendermi cura della mia anima».

NOTE

[1] Racconto liberamente ispirato alle tre possibilità di vita teorizzate da Kierkegaard.

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Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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