Gli sconfitti – L’incendiario

Luigi sin dall’infanzia aveva un sogno: aprire una biblioteca. Era cresciuto tra i libri, amava la lettura più di ogni altra cosa e voleva creare un punto di ritrovo per tutti coloro i quali, nella sua cittadina di N., condividevano la sua stessa passione.
Non solo, con la biblioteca Luigi voleva creare un luogo nel quale gli intellettuali potessero incontrarsi, confrontarsi e discutere. Insomma, voleva dare vita ad una sorta di salotto letterario pubblico d’altri tempi.
Sostenuto dai genitori, niente affatto ricchi, ma sempre pronti ad aiutare e sostenere l’amato figliolo, anche economicamente, il giovane aveva preso in affitto un locale piuttosto ampio nell’antico borgo medievale della sua città. Nel giro di poche settimane lo aveva arredato e colmato di libri.
Luigi era riuscito a creare uno spazio estremamente suggestivo, incastonato come una perla tra i vecchi edifici. Era riuscito a realizzare il suo sogno, e ciò lo rendeva straordinariamente felice. Spesso, al termine di una faticosa giornata di lavoro trascorsa a catalogare le opere e a perfezionare gli ultimi dettagli, il giovane, prima di tornare a casa, gettava uno sguardo alla biblioteca quasi terminata e provava un’enorme soddisfazione, mai provata prima.
L’inizio fu tutto sommato confortante, ma ben presto le cose iniziarono a peggiorare.
Nelle sue intenzioni, Luigi avrebbe voluto tenere aperta la biblioteca anche la sera, fino a notte inoltrata, ma dopo appena una settimana di prova si accorse che ciò era davvero impossibile.
L’antico borgo medievale di N., un prezioso gioiello arroccato sul mare, era infatti colmo, in ogni angolo, di locali notturni frequentati da molta della gioventù locale.
Era incredibile la quotidiana metamorfosi del borgo di N. Il giorno regnava la tranquillità, dominava la bellezza. Le strette vie trafitte dal sole emanavano un fascino raro. Al calar delle tenebre regnava invece il caos, una parte dell’inferno sembrava emergere dalle viscere della terra e riversarsi in quel lembo della superficie terrestre. I locali notturni aprivano i battenti e la marmaglia vi si riversava, dando vita a una continua e spregevole notte di Valpurga. Le strette vie del borgo venivano invase da fiumi di alcol, di droga e, di conseguenza, di violenza. Più di un energumeno ha rischiato di rimetterci la pelle in quella bolgia infernale.
Luigi comprese presto di non poter resistere in quel caos, tra musica assurda e grida bestiali. Scrisse una petizione contro quei locali, tentando di coinvolgere gli abitanti insoddisfatti e stanchi, ma rischiò il linciaggio da parte dei proprietari dei locali, che con veemenza e brutalità rivendicavano il loro sacrosanto diritto di deturpare, di stuprare quel bellissimo luogo storico.
Inoltre, come se tutto ciò non bastasse, a N. di lettori non ce ne erano molti, di intellettuali ancora meno, praticamente nessuno, e Luigi si ritrovò così presto solo, con il suo sogno in frantumi. La sua biblioteca pubblica era di fatto diventata privata. Il giovane vi si rifugiava ogni giorno e trascorreva in completa solitudine ore e ore di intensa lettura, senza più la speranza di veder comparire qualche lettore.
Ad aggravare la situazione, ci pensava la grave crisi economica di allora. Lo scopo di Luigi non era mai stato quello di guadagnare, di arricchirsi, anche perché ciò è impossibile con una biblioteca, e lui lo sapeva bene. Luigi voleva semplicemente offrire un servizio culturale di primaria importanza. Ma dove trovare, in queste misere condizioni, il denaro necessario a pagare l’affitto e le altre spese? Gli stipendi dei suoi genitori, troppo modesti, oramai non bastavano più, e il giovane non aveva più a disposizione alcuna risorsa. Così, dopo appena un anno di attività, Luigi prese la dolorosa decisione di chiudere la biblioteca.

***

Era un freddo e soleggiato mattino di marzo. Luigi, in bicicletta, si dirigeva con l’animo affranto, per l’ultima volta, in biblioteca. Doveva recuperare le ultime cose, chiudere definitivamente il locale e consegnare le chiavi al proprietario.
Nel borgo assolato riecheggiavano i rumori provenienti dalle cucine dei molti ristoranti circostanti. Si preparava il pranzo. C’era ovunque una grande calma.
Luigi, parcheggiata la bicicletta fuori, entrò in biblioteca e iniziò ad aggirarsi tra le sedie e gli scaffali, che aveva venduto al proprietario del locale per racimolare qualche soldo necessario alla sopravvivenza.
Il giovane raccoglieva i pochi libri che restavano e li infilava nel suo vecchio zaino. Aveva trasferito tutti i testi acquistati mesi prima nella sua abitazione, o meglio, nell’abitazione dei suoi genitori, dove, per forza di cose, era costretto ancora a vivere nonostante i trent’anni.
Senza badarci, aveva lasciato la porta spalancata.
Un uomo di mezza età, di passaggio ed evidentemente non di N., incuriosito, lo osservava sulla soglia.
«Buongiorno».
«Buongiorno», rispose prontamente Luigi credendo che si trattasse di un nuovo acquirente del locale.
«Sta allestendo una biblioteca?», chiese l’uomo al giovane, scrutando con curiosità il singolare ambiente.
«In realtà la sto smantellando», rispose Luigi senza sforzarsi di mascherare l’amarezza e il malcontento.
«Eppure il posto è così incantevole, il locale così suggestivo».
«Il giorno. Poi la notte si trasforma in un inferno. Vede, il borgo è saturo di locali notturni frequentati da gente della peggior specie. Subito dopo il tramonto queste graziose vie si riempiono di alcolizzati e drogati violenti, trogloditi che sbraitano come bestie. È orribile».
«Eh, lo so bene».
«Perché lei è di N.? Non mi sembra di averla mai vista prima».
«Sono nato e cresciuto qui, poi il lavoro, per fortuna, mi ha portato altrove. Di tanto in tanto, molto raramente, torno per qualche breve soggiorno».
«Capisco».
«In cuor mio, speravo che le cose fossero cambiate».
«Affatto, anzi, credo che tutto sia peggiorato. Sono riuscito a realizzare il mio sogno, un anno fa, creare nella mia città un punto di riferimento per lettori e intellettuali. Ma qui di lettori ce ne sono pochi, pochissimi, e di intellettuali praticamente nessuno. Così, incalzato anche dalla crisi economica, sono stato costretto a chiudere la biblioteca. Ho investito e perduto tutto quello che avevo in questa attività, ho persino messo in grande difficoltà i miei genitori, che, generosi e amorevoli, mi hanno sempre sostenuto».
Luigi parlava velocemente e con affanno. Si stava evidentemente sfogando. L’uomo lo ascoltava con attenzione, dimostrando grande comprensione.
«La provincia ostacola l’ambizione. Se vuole continuare a coltivare le sue passioni, se vuole continuare a condividerle con la comunità e rivivere il suo “sogno”, come lei lo ha definito, deve lasciare N.».
«Eh, lo so, lo so… Ma sono troppo legato al mio paese, e non potrei mai andarmene sapendo di averlo lasciato in mano alla marmaglia. Proprio non ci riesco, è più forte di me».
«Lei è un uomo coraggioso. Cosa farà ora?».
«Io non sono coraggioso. Forse sono solo troppo vigliacco per cambiare. Comunque, ho terminato gli studi tardi e, una volta laureatomi, ho aperto subito la biblioteca. Non ho altre esperienze lavorative. Ora, a trent’anni suonati, cosa farò non lo so. So solo che non voglio andarmene da qui. Troverò un lavoro, magari umile, di quelli che non piacciono più alla schizzinosa gioventù contemporanea e coltiverò le mie passioni per conto mio».
«Beh, si trova in una situazione piuttosto complicata».
«C’è pur sempre chi sta peggio. Sono rassegnato, questo sì, ma non ho certo la presunzione di piangermi addosso».
Durante la conversazione con lo sconosciuto Luigi non aveva smesso neppure per un istante di raccogliere gli ultimi libri sparsi per il locale, che infilava nello zaino, quello stesso zaino che lo aveva accompagnato nel lungo e tortuoso percorso universitario.
«Io ho finito. È l’ultimo giorno che trascorro in questo locale. Non ci metterò mai più piede».
Lo sconosciuto si scostò dalla soglia della porta dell’oramai ex biblioteca, così da permettere a Luigi di chiuderla per sempre.
Il giovane consegnò le chiavi al proprietario del locale, che abitava il primo piano dello stesso, vecchio edificio. Lo sconosciuto lo attese.
«Perdoni l’indiscrezione. In cosa è laureato?».
«In Lettere».
«Ah… Dunque, se proprio vuole restare qui, a N., sarà costretto a trovarsi un lavoro che non ha proprio nulla a che fare con il suo titolo di studio».
«Certo, ma se crede che questo mi addolori, si sbaglia. L’università è stata, diciamo così, una scusa… Sì, una scusa per approfondire le mie conoscenze. Ho tentato di concretizzare in lavoro le mie attitudini, ma non è possibile. Lo sapevo sin dall’inizio che sarebbe andata a finire così, di certo non mi struggo. Pochi uomini hanno la fortuna di fare ciò che desiderano. Io vado per di qua».
«La saluto, è stato un gran piacere conoscerla».
«Piacere mio. Addio».
«Ah, un’ultima cosa…».
«Sì?».
«Buona fortuna per l’avvenire».
«Grazie, grazie. L’avvenire…».
Luigi si avviò verso casa a piedi, spingendo la bicicletta. Non aveva proprio nessuna voglia di pedalare.
Passando dinanzi un ristorante notò all’ingresso l’avviso «Cercasi cameriere», accompagnato da un numero di telefono. Rimase lì immobile osservando l’offerta di lavoro, meditando sul suo futuro.

***

Ispirato da uno dei componimenti poetici che più amava, L’incendiario di Aldo Palazzeschi, Luigi agì nella notte tra il lunedì e il martedì, quando la stragrande maggioranza dei locali notturni all’interno del borgo erano chiusi. Con circospezione, il volto coperto da un passamontagna acquistato per l’occasione, il giovane cosparse il borgo di litri e litri di benzina, e poi vi diede fuoco in tre punti diversi. Fatto ciò fuggì a gambe levate attraverso il porto turistico di N. e si fermò all’altezza del Santuario di Nostra signora delle Grazie. Da questo punto della città, sferzato dal vento che imperversava forte sulla spiaggia e ingrossava il mare, osservò l’incendio, provando soddisfazione e paura, ma non un solo briciolo di rimorso.

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Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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